Volevano incastrare Donald Trump. E’ questo quello che esce fuori dal rapporto d’inchiesta sulla presunta collusione tra Trump e Mosca, quella che poi portò al famoso scandalo del Russiagate (un’inchiesta giudiziaria nata a seguito di sospette ingerenze da parte della Russia nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America del 2016).
L’inchiesta, scrive il procuratore speciale John Durham, si basò su dossier infondati e fu spinta per contrastare l’ex presidente Donald Trump che ieri in conferenza stampa attaccava: “il popolo americano è stato truffato”.
“Sulla base delle prove raccolte in molteplici indagini esaustive e costose, ne le forze dell’ordine statunitensi ne la comunità dell’intelligence sembrano aver posseduto alcuna prova effettiva di collusione all’inizio dell’indagine”. Nessuna prova, scrive il procuratore Durham. Inchiesta partita senza alcuna prova: w la democrazia, direi!
Ma quello che esce fuori, e che sarà da accertare, è qualcosa di ancora più grave. Infatti a luglio del 2016 sembra che l’intelligence americana entrò in possesso di informazioni, secondo cui la Clinton aveva predisposto “un piano per accusare falsamente” Trump di legami con Mosca.
Gira e rigira finirà che gli agganci con Mosca li aveva la Clinton, di norma finisce sempre al contrario.