Di startmag.it
Sono i capitoli economici e finanziari del discorso sull’Europa pronunciato da Emmanuel Macron alla Sorbona a catalizzare l’attenzione della stampa tedesca. È l’Handelsblatt che dedica ben due commenti alle proposte lanciate dal presidente francese per – trumpianamente parlando – rifare grande l’Europa.
Al centro il ruolo della Banca centrale europea. “Se Macron riuscirà a farcela, la Banca centrale europea si troverà di fronte a un cambiamento di paradigma, e non dovrà concentrare la sua politica monetaria solo sulla lotta all’inflazione”, esordisce il quotidiano economico.
Macron sta spingendo per un nuovo mandato per la banca centrale che includa la stabilità dei prezzi, la crescita e la protezione del clima come obiettivi di politica monetaria – osserva l’Handelsblatt – mentre i trattati dell’Ue stabiliscono al momento che la Banca centrale ha l’obbligo primario di difendere la stabilità dei prezzi, un ruolo simile a quello della Bundesbank prima dell’introduzione dell’euro.
Nella proposta di Macron la Bce dovrebbe sostenere la politica economica generale dell’Ue laddove ciò sia possibile, senza compromettere il suo obiettivo principale, un po’ come fa la Federal Reserve negli Stati Uniti, che persegue già un duplice obiettivo: oltre alla stabilità dei prezzi, la Fed ha il compito di promuovere la piena occupazione, anche se nel suo mandato di politica monetaria manca il compito di favorire la protezione del clima.
Riforme che, scrive il quotidiano di Düsseldorf, hanno trovato immediata e affatto sorprendente opposizione nel mondo politico tedesco.
“L’indebolimento del mandato della Bce non è assolutamente una delle idee su cui vale la pena discutere”, ha tagliato corto un alto funzionario del ministero delle Finanze, citato dall’Handelsblatt come fonte anonima, il ministero guidato dal liberaldemocratico Christian Lindner, il nume tutelare dentro il governo Scholz della tradizionale bisaccia di idee della Bundesbank, del freno ai debiti e che ha appena rafforzato il profilo “frugale” del suo partito (in crisi di consensi) approvando un documento in 12 punti che riprende e aggiorna l’agenda economica che fu di Wolfgang Schäuble.
“La lezione della più recente fase di inflazione è che la Bce deve dedicarsi centralmente al mandato di stabilità monetaria”, è la voce che arriva dai corridoi del ministero di Lindner, “la crescita e la protezione del clima sono compiti dei governi orientati alle riforme, non della Banca centrale indipendente”.
Ma i cavalli di frisia vengono disposti anche dai socialdemocratici. Nils Schmid, portavoce del gruppo parlamentare SPD per la politica estera, ritiene irrealistico un ampliamento del mandato della banca centrale.
A suo avviso, Macron sta riproponendo “vecchi dibattiti”. E se i socialdemocratici si mostrano freddi, figuriamoci dalle parti dei partiti conservatori all’opposizione, Cdu e Csu.
“L’obiettivo della stabilità dei prezzi della Bce non deve essere compromesso in nessuna circostanza”, ha detto sempre all’Handelsblatt Markus Ferber, portavoce della politica economica del Ppe al parlamento europeo e politico della Csu bavarese.
Se la Bce dovesse essere responsabile anche della protezione del clima e della promozione della crescita, ci sarebbero inevitabilmente obiettivi contrastanti irrisolvibili, ha aggiunto Ferber, per poi concludere: “Se Macron otterrà le sue richieste, gli alti tassi di inflazione degli ultimi anni diventeranno la nuova normalità e l’euro sarà una moneta debole”.
Anche sul fronte bancario le reazioni sono sullo stesso tono. La Bundesbank non ha voluto commentare ufficialmente il discorso di Macron, e la stessa cosa ha fatto da Francoforte la Banca centrale europea, ma il quotidiano di Düsseldorf riporta qualche voce dai corridoi della Buba, dove si mette in guardia da un inevitabile sovraccarico: il mandato di stabilità dei prezzi è già un compito estremamente importante per la Bce, l’economia e la protezione del clima sono questioni che riguardano i politici e i loro rappresentanti eletti.
Altri aspetti del discorso politico europeo di Macron sono stati invece accolti con maggiore benevolenza a Berlino.
Quello dello slancio dell’Europa per una maggiore indipendenza, forza economica e sicurezza, ad esempio. Su questo è intervenuto direttamente Olaf Scholz, che ha commentato le dichiarazioni del presidente francese sulla piattaforma di social media X: “L’obiettivo comune di Francia e Germania è che l’Europa rimanga forte, il tuo discorso contiene buone idee su come possiamo raggiungere questo obiettivo”, ha scritto il cancelliere.
E tuttavia, sempre l’Handelsblatt, osserva come anche quella parte di reazioni positive da parte dei politici tedeschi a questo come a precedenti interventi di Macron sull’Europa restino alla fine pure dichiarazioni di facciata.
“In Germania, le visioni di Macron non vengono sempre prese sul serio. Il presidente francese viene etichettato come uno spaccone geopolitico che preferisce le parole grosse invece dei fatti”, commenta il quotidiano economico in un secondo editoriale, “ma la sua analisi è più vicina alla realtà di quella del governo federale, che ancora non vuole rendersi conto di quanto in questo momento sia in gioco il futuro dell’Europa e quindi quello del proprio paese”.
Di fronte alle spinte verso una difesa comune, Berlino resta militarmente titubante, aggrappandosi alla speranza che gli Stati Uniti restino il garante della politica di sicurezza. L’atteggiamento verso la Cina resta quantomeno spensierato, “la preoccupazione principale resta quella di non turbare un importante partner commerciale e a Berlino piace ignorare la voglia di potere della Repubblica popolare”.
E anche “la fiducia fondamentale della Germania in un sistema commerciale globale equo e il suo ardente impegno a favore del multilateralismo si rivelano ingenui”.
La conclusione dell’Handelsblatt è netta, anche se piena di rassegnazione: “Non tutti i piani di Macron per un’Europa forte sono stati ben pensati. Una riforma della politica monetaria europea con un ampliamento del mandato della Bce per includere obiettivi di crescita e clima creerebbe più problemi che soluzioni. Ma il presidente ha chiaramente riconosciuto le sfide del Ventunesimo secolo ed è disposto a trarne le conseguenze. A Berlino manca un livello di ambizione paragonabile”.
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